Penosa agonia

«Il Socialista», a. II, n. 35, 22 dicembre 1945, p. 1.

PENOSA AGONIA

Tutti sanno che la Spagna di Franco deve morire per lasciar posto alla Spagna del popolo: quel popolo che nel 1931 si era creato “senza violenza” un libero governo repubblicano avviando un paese ancora intorpidito da secoli di conformismo e di assolutismo verso forme moderne di civiltà. Tutti sanno che certe morti sono inevitabili e che le benedizioni piú autorizzate, i voti segreti e palesi dei piú ardenti fautori del regime falangista non saranno sufficienti ad impedire un avvenimento idealmente già scontato dalla storia, la fine di un assurdo morale e politico. Ma per troppo tempo questo morituro ha ottenuto un indebito ossigeno e conforti di ogni genere serrando ancora con le sue mani sporche di sangue la gola del popolo che ancora soffre ed aspetta. Per troppo tempo i conservatori d’ogni paese hanno fatto di tutto perché in Europa restasse almeno uno stato che fosse totalmente fascista, dove potesse rifugiarsi qualche criminale di guerra, dove si potessero imprigionare e fucilare i “rossi”, gli operai e i contadini che pretendono di essere considerati degli uomini, quegli sporchi intellettuali che osano sentirsi dalla parte del popolo e lottare per il popolo: proprio come negli anni seguiti alla guerra civile quando anche sugli schermi dei nostri cinema si poteva vedere, senza esprimere il proprio orrore, qualche documentario da Malaga con festose fucilazioni di comunisti, socialisti, anarchici.

Quando la Germania cadde pareva che anche il servitorello spagnolo dovesse venir per lo meno licenziato su due piedi e che dovesse subito aprirsi quest’ultima prigione di Europa.

Non è avvenuto cosí perché la lentezza tipica degli stati democratici occidentali e piú o meno segrete presenze di interessi capitalistici e conservatori hanno ritardato il piú possibile la fine del mostriciattolo iberico che ha continuato ad intrigare, a imprigionare, a governare.

E l’indugio parve a qualcuno sintomo di guarigione e i provincialissimi italiani dell’Italia qualunque (increduli di fronte alla verità e al bene, creduloni di fronte alla malvagità e alle menzogne) già si rallegravano e vedevano nella sopravvivenza di Franco un buon auspicio per la resurrezione fascista. E ridacchiavano del governo fantoccio repubblicano tuttora nel Messico e delle proteste delle associazioni operaie di tutto il mondo.

Invece anche questa volta le cose andranno nel senso voluto dagli interessi dell’umanità, e voci sempre piú chiare inducono il Caudillo a prepararsi a sloggiare, a terminare il suo gioco con qualche piccola truffa. La presa di posizione della Francia, il netto atteggiamento russo, le campagne sempre piú inequivoche della stampa anglosassone, le forti richieste del socialista Laski fanno prevedere una soluzione a non troppo lunga scadenza e nel senso voluto dal popolo spagnolo che già conobbe la dittatura monarchica e non vorrà di nuovo subirla.

Non ci illudiamo, sappiamo che la questione è per piú ragioni delicata e potrà richiedere altre discussioni fra le grandi potenze, interventi e controinterventi, candidature di borbonici Don Juan e Don Jaime, di fulgidi e intelligentissimi raccoglitori di monete e di francobolli, ma siamo sicuri dell’esito finale di questa faticosa agonia.

La repubblica spagnola risorgerà, la repubblica per cui morirono De Rosa, Rosselli, Angeloni: non per la dittatura dei senza Dio secondo il vecchio e nuovo luogo comune, ma per un autogoverno del popolo a cui non solo gli spagnoli aspirano, di cui non solo gli spagnoli mancano.

E se fu con la guerra di Spagna che ebbero inizio in Europa le aggressioni fasciste, noi pensiamo che la morte del falangismo dovrebbe segnare la scomparsa di ogni forma di fascismo, in un mondo che già troppo ha sofferto dalla mancanza della libertà e dalla mancata attuazione del socialismo.